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L’esemplare di Vespa orientalis è stato intercettato nel porto di Genova anche grazie alle campagne informative e ai sistemi di monitoraggio

Un esemplare di Vespa orientalis è stato intercettato nel porto di Genova, anche grazie alle campagne informative e ai sistemi di monitoraggio stabiliti a livello regionale per combattere l’invasione della Vespa velutina. Andrea Valle, il portuale che per primo l’ha notata, l’ha subito intercettata e fotografata per consentire ai ricercatori e agli entomologi di studiarla.

Come gli altri calabroni, Vespa orientalis spesso si sposta da una zona all’altra sfruttando l’uomo e il trasporto delle merci soprattutto via mare: porti e in generale aree di transito sono vere e propri “varchi d’ingresso” per queste specie, come dimostra il recente ritrovamento a Genova e alcune precedenti segnalazioni nel Lazio e a Valencia, in Spagna.

L’esemplare di Vespa orientalis è stato intercettato nel porto di Genova anche grazie alle campagne informative e ai sistemi di monitoraggio stabiliti a livello regionale per combattere l’invasione della Vespa velutina. Andrea Valle, il portuale che per primo ha notato la Vespa orientalis, l’ha subito intercettata e fotografata per consentire ai ricercatori e agli entomologi impegnati nei progetti Life Stopvespa e Stopvelutina un’identificazione certa.

La speranza è che si tratti di un esemplare isolato e che non siano presenti nidi. «Si consiglia e richiede alle persone di installare bottiglie trappola come fatto per la Vespa velutina, per monitorarne l’eventuale presenza, prestando particolarmente attenzione ad individui sospetti» – è l’appello di AlpaMiele.

«Ad un occhio poco allenato i calabroni e le vespe possono sembrare tutte uguali, ma hanno caratteristiche precise che le distinguono; per aiutare l’identificazione, è necessario fotografare gli esemplari ed eventualmente conservarli in freezer per successive verifiche da parte degli studiosi».

Biologia

Vespa orientalis è simile alla Vespa crabro, cioè al calabrone nostrano. Le dimensioni sono leggermente inferiori (max 27 mm per la regina e 22 mm per le operaie) ed ha una colorazione uniformemente marrone-rossiccia con una ampia fascia gialla disegnata sull’addome che la contraddistingue.

Questa fascia, grazie alla presenza di un pigmento chiamato xantopterina, funziona come un pannello solare e fornisce energia all’insetto. Per questo motivo Vespa orientalis è più attiva ed efficiente nel corso della giornata.

I nidi possono essere anche sotterranei ma in genere sono del tutto simili a quelli di Vespa crabro.

Diffusione e comportamento

Vespa orientalis è diffusa nel sud est europeo, fra cui l’Italia meridionale ed in particolare in Sicilia, nel Medio Oriente, Nord Africa e Madagascar.

Ha un carattere aggressivo anche verso i suoi simili e si mostra aggressiva anche nei confronti dell’uomo quando gli si avvicina: si alza in volo con fare minaccioso come se stesse cercando lo scontro, ma dopo alcuni tentativi, se non molestata, si allontana.

Predazione sugli alveari

Vespa orientalis caccia in modo molto differente da Vespa velutina, ma l’azione di predazione sugli alveari è ugualmente intensa a fine estatee tale da riuscire ad indurre negli alveari una sostanziale inattività.

In letteratura si parla di reazione delle api – quando c’è – con un tentativo di soffocamento per “avvolgimento” di queste vespe. È stato dimostrato che il limite termico di sopravvivenza è, per la Vespa orientalis, 50,6 ± 0,6°C, mentre per le api mellifere: 50,5 ± 0,1°C, pertanto non è la temperatura che in fase di “avvolgimento” uccide la vespa orientale, bensì lo schiacciamento dell’addome che ne impedisce il movimento con conseguente compromissione della respirazione, da cui derivano anche disidratazione ed aumento della concentrazione di anidride carbonica nell’emolinfa.

Le api non possono uccidere queste vespe pungendole perché il tegumento di questi calabroni è particolarmente resistente tanto da risultare inviolabile ai pungiglioni.

Quando la presenza e l’azione di queste vespe diviene massiccia gli apicoltori spostano gli alveari, perché questa predazione può essere così incisiva e profonda che gli alveari più deboli possono soccombere. Le perdite in consistenza e produzione possono risultare in alcuni casi piuttosto rilevanti.

IZSVE – 31 maggio 2018